Hanno comperato un’auto di lusso da
un concessionario affidabile, pagandola a volte anche il 10% in
più perché fosse consegnata in tempi stretti, e ora rischiano
di dover tenerla in garage per tanto tempo. Sono le circa 2000
persone incappate nell’organizzazione che acquistava auto
dall’estero per rivenderle sul mercato italiano senza pagare
l’Iva. Una banda che, con 23 arresti, è stata azzerata dalla
Guardia di Finanza dell’ Emilia-Romagna.
La sanzione per il mancato pagamento dell’Iva
nell’importazione di macchine da paesi Ue è chiara: ritiro di
carta di circolazione e targa. La macchina resta al proprietario
che però non può usarla. Si apre così la strada verso un
contenzioso civile con le società coinvolte nell’importazione
della vettura. In alcuni casi infatti la concessionaria d’auto
che ha fatto la vendita può decidere di sostituire la macchina
con una regolarmente immatricolata. Per tutti gli altri casi
l’unica strada è la causa. Considerato però il ‘tenore’ delle
società coinvolte nell’indagine, la soluzione giudiziaria della
vicenda potrebbe rivelarsi complessa.
Alla base della truffa c’era infatti una catena di società
fittizie create solo per evadere il fisco. ‘Cartiere’ nate per
produrre ‘carte’ che coprissero il mancato pagamento
dell’imposta. Quando ad uno dei concessionari si presentava un
cliente facoltoso che chiedeva di comperare una vettura per la
cui consegna i tempi di attesa erano di diversi mesi, il
venditore prospettava l’ipotesi di un acquisto più rapido,
magari pagando qualcosa in più. In molti accettavano.
A quel punto interveniva il mediatore, Gianluca Zaghini di
Forlì, che reperiva la vettura da commercianti stranieri.
L’auto poi veniva importata da una prima società ‘cartiera’,
che commetteva la vera truffa: non solo non pagava l’Iva, ma
sottofatturava l’auto. I successivi passaggi ad altre cartieré
erano solo un filtro per neutralizzare i controlli delle forze
dell’ordine. Alla fine la macchina arrivava al concessionario,
che la consegnava al cliente soddisfatto.
Ad ogni passaggio qualcuno guadagnava qualcosa. Per esempio,
per l’acquisto di una Porsche Cayenne, una ‘cartiera’ pagò ad
un venditore tedesco oltre 95.000 euro. Importata l’auto, l’Iva
non fu mai versata. Quella somma (oltre 17.000 euro) se la
spartirono la prima ‘cartiera’ (9.000 euro), la ‘cartiera
filtro’ (416), il concessionario (6.700), il mediatore Zaghini
(1.250).
Solo che il meccanismo, in funzione dal 2000, alla fine è
incappato in tre forme incrociate di controllo. La Dogana di
Ravenna infatti si è insospettita a vedere un modesto
mediatore, Zaghini, che nonostante avesse solo un’auto e un
telefono, vendeva vetture in quantità esorbitanti ad
autoconcessionari. Su uno di questi, tra l’altro, si era
concentrata l’attenzione della Guardia di Finanza proprio per
l’alto numero di auto da mercato parallelo vendute. Alla fine
anche la Polizia stradale si è ritrovata tra le mani una
querela: di un automobilista che si era accorto che la sua
vettura, comperata come nuova, era in realtà usata.