Disegnata sulla rivista internazionale ‘Jama’, Journal of the American Medical Association, la prima mappa mondiale dei disturbi psichici più comuni: è uno studio italiano, coordinato dall’ISS, Istituto Superiore di Sanità, che ha spiegato che l’11% degli italiani ha sofferto di un qualche disturbo dell’umore comune contro il 14% della media Europea.
Le percentuali degli italiani che soffrono di disturbi psichici comuni come ansia e depressione, quindi, sono tra le più basse a livello europeo, ma anche alivello mondiale. E’ questo il risultato del primo studio epidemiologico comparativo condotto a livello internazionale sulle malattie mentali, il World Mental Health (WMH) Survey Initiative, che ha coinvolto più di 60.000 persone tra America, Europa, Medio Oriente, Africa e Asia.
La ricerca, promossa congiuntamente dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dall’Università di Harvard, ha mostrato che disturbi psichici comuni colpiscono un europeo su tre e un americano su due.
Ma le sorprese più grandi le riserva la parte europea del progetto, l’European Study of Epidemiology of Mental Disorders (ESEMeD), condotta in Italia da Piero Morosini dell’Istituto Superiore di Sanità e da Giovanni De Girolamo psichiatra presso il Dipartimento di Salute Mentale di Bologna e coordinatore, insieme a Morosini, del Progetto Nazionale Salute Mentale dell’ISS, che assegna agli italiani la palma del popolo meno depresso: le stime, infatti, mostrano che l’11% degli italiani in qualche momento della vita ha sofferto di un disturbo dell’umore, il 10% di un disturbo d’ansia e circa l’1% di un disturbo da abuso di alcol contro il tasso di prevalenza degli stessi disturbi nel resto dell’Europa che sono mediamente nel 14% dei casi di depressione e nel 16% di ansia.
“I tassi emersi per l’Italia, più bassi rispetto ai Paesi sia europei del Centro e del Nord sia Nord americani, confermano i precedenti studi nazionali condotti sull’argomento – afferma De Girolamo – ora, resta da capire come mai, proprio nei Pesi mediterranei, come Italia e Spagna, la prevalenza di questi disturbi sia così bassa e se la specificità culturale e socio economica di questi Paesi svolga un effetto protettivo”.