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Acqua: più cara nel nord est, al sud se ne perde il 43%

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Copertura dei costi a macchia di leopardo, tariffe basse ma fortemente differenziate fra territori, gestioni pubbliche in deficit, forti perdite nelle reti delle regioni meridionali. Questo il ritratto dello stato degli acquedotti in Italia che emerge dal ‘Rapporto Indis-Unioncamere 2003 sulle tariffe idriche‘.

Il rapporto, presentato a Ferrara in occasione della rassegna Accadueo 2004, analizza in modo dettagliato un campione di 115 gestori (di cui 25 a natura pubblica), per un bacino di utenza complessivo di circa 24 milioni di persone – pari al 41% della popolazione nazionale – residenti in 1.557 comuni e serviti da una rete idrica di circa 106mila chilometri.

L’analisi del campione considerato mostra, nel complesso, una buona capacità gestionale da parte degli esercenti dei servizi di acquedotto. In media, il grado di copertura dei costi derivante dai ricavi totali del servizio si attesta in Italia al 93%, anche se appare evidente una ‘linea di confine’ tra due Italie in realtà distanti tra loro: da un lato, al Nord-Est (100% di copertura dei costi) e al Centro (97%) il servizio di acquedotto è gestito in condizioni di sostanziale equilibrio finanziario; dall’altro, nel Nord-Ovest (89%) e nel Sud e Isole (79%) predominano situazioni di evidente disavanzo.

Analizzando ricavi e costi unitari, lo studio evidenzia come la minore capacità di coprire i costi delle aree Nord occidentali e meridionali sia determinata da ricavi unitari più bassi, piuttosto che da costi di gestione più elevati. La conferma viene dal dato del Nord-Est: qui i costi unitari delle gestioni sono mediamente superiori al dato nazionale ma vengono integralmente coperti dai ricavi. Peraltro, nel Nord-Ovest – laddove i costi unitari sono tra i più bassi del panorama italiano – i bilanci degli enti gestori versano ancora in rilevante stato di disavanzo.