Non ebbe seguito a Modena una
riunione proposta dall’ Associazione ‘Salva bebe” per ripetere
nella città emiliana l’esperienza in atto da due anni a Roma
per aiutare le partorienti, spesso donne extracomunitarie in
difficoltà economica o sociale, che non vogliono i loro
bambini.
La denuncia è dell’ Associazione che, attraverso il
responsabile modenese Ferruccio Giuliani, ha reso noto che nel
2003 ci fu una riunione promossa dalla prefettura a cui
parteciparono i rappresentanti del Comune, della Provincia, di
Telefono Azzurro, dell’ Ospedale di Carpi e Silvio Pergameno,
presidente di una Associazione Culturale che si chiama “I
diritti civili nel 2000″. L’ incontro non ebbe seguito – ha
precisato Giuliani – perché diversi partecipanti all’ incontro
sostennero che in provincia di Modena non vi erano problemi di
questo tipo vista la presenza di adeguati servizi.
Pergameno ha curato insieme all’ Università la Sapienza di
Roma ed al Policlinico Umberto I la campagna ‘salva bebe”.
Diverse migliaia di manifesti sono stati affissi in alcuni
quartieri della Capitale e sui cassonetti per far sapere, anche
in diverse lingue, alle partorienti in difficoltà l’ esistenza
di un numero verde a cui rivolgersi. Questo numero è collegato
con il Policlinico che è dotato di una ambulanza pronta per
casi simili. Le donne vengono raccolte, portate in sala parto
dove hanno un percorso che garantisce l’ anonimato.
“Siamo rimasti scossi per quanto è accaduto a Modena. La
nostra iniziativa già adottata a Caserta dopo Roma – ha
raccontato Giuliani – non era finalizzata a mutare lo stato
delle cose, ma solo ad informare quelle mamme che non conoscono
gli aiuti che possono ricevere dall’ attuale legislazione. Ossia
di partorire in qualsiasi struttura sanitaria pubblica, lasciare
anonimamente il neonato e andarsene senza nessuna conseguenza,
anche se clandestine”.
Il caso di Jacopo – ha concluso Giuliani – ha messo in luce
quanto meno una carenza informativa che, se colmata, avrebbe
potuto evitare un gesto disperato.