Home Economia Confcommercio Modena: porre rimedio a liberalizzazione con una buona riforma

Confcommercio Modena: porre rimedio a liberalizzazione con una buona riforma


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«Volevamo fare gli “americani”, ma a quasi sette anni dalle liberalizzazioni di orari e aperture gli effetti negativi nei nostri territorio, che Confcommercio aveva largamente previsto, sono evidenti: chiusura di centinaia di piccoli esercizi, desertificazione commerciale in atto nei quartieri, perdita di occupazione, deficit di “presidi” in tante vie delle nostre città». Così Bruna Lami, vicepresidente provinciale di Confcommercio, imprenditrice a capo di una serie di punti vendita in provincia.

«Non si tratta di tornare all’età della pietra o di fare battaglie ideologiche», precisa la dirigente di Confcommercio, «ma è ormai indifferibile correggere, come pare intenda fare il Governo, le storture di una deregulation unica nel contesto europeo e che purtroppo ha prodotto, anche nella provincia di Modena un impoverimento della rete distributiva ad esclusivo vantaggio della Grande Distribuzione Organizzata con la perdita di quasi il 10% dei piccoli esercizi commerciali».

«Non dimentichiamoci peraltro», prosegue Lami, «che il commercio, a partire dalla riforma Bersani del ’98, è stato il settore che più di ogni altro si è intensamente misurato con le liberalizzazioni, fra trasformazioni profonde e costi sociali elevati. Ma il modello italiano di pluralismo distributivo, messo in crisi dall’effetto congiunto di crisi e liberalizzazioni, resta valido, va difeso e va ulteriormente valorizzato con misure che permettano di innovare e rispondere ad una domanda sempre più esigente».

«Guardiamo con fiducia al lavoro che il Parlamento si accinge a compiere e se ognuno degli attori in campo fa una valutazione oggettiva dello stato dell’arte», puntualizza l’imprenditrice, «credo ci siano le premesse per addivenire ad un buon compromesso e ad una riforma, che concili libertà di impresa, servizio ai consumatori, qualità della vita di chi lavora nel commercio, esigenze dei territori a vocazione turistica, ma che contempli anche la regolamentazione delle vendite on line oltre che l’assoggettamento dei grandi market place al fisco italiano».

«Resto poi convinta», conclude Bruna Lami, «che il “modello Modena” varato poco prima della liberalizzazione ed a cui convintamente lavorammo, rappresentasse un buon punto di equilibrio: prevedeva la possibilità di otto aperture domenicali (oltre a quelle nel periodo natalizio) con una turnazione ed introduceva per la prima volta una forma di flessibilità per cui anche gli esercizi tradizionali potevano indicare otto festività di apertura scegliendole ad inizio anno: si sarebbero così attenuati i disagi sul lavoro domenicale garantendo comunque un servizio ai cittadini 7 giorni su 7».