Home Modena Cgil Cisl Uil Modena: Cpr a Modena, scelta sbagliata

Cgil Cisl Uil Modena: Cpr a Modena, scelta sbagliata


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Pare avvicinarsi il momento della riapertura dell’ex Cie, ora denominato Centro permanente per i rimpatri (Cpr), che dovrebbe diventare punto di riferimento regionale.
Già in passato i sindacati hanno espresso assoluta contrarietà ad una struttura di questo tipo: i vecchi Cie, oggi Cpr, si sono rivelati luoghi dove sono stati continuamente violati i diritti umani e la dignità delle persone. Luoghi che producono solo una lunga e inutile detenzione senza risolvere il problema dell’identificazione: senza il riconoscimento e la conferma da parte dei paesi di presunta origine infatti, le persone non si possono rimpatriare.

Nei vecchi Cie si era creata una difficile convivenza tra pregiudicati e semplici clandestini in attesa di identificazione, che spesso durante i mesi di detenzione diventavano vittime dei malavitosi. E’ indubbio che tempi troppo lunghi per l’identificazione creino situazioni di tensione e di difficile gestione dei fenomeni migratori e su questo bisogna certamente intervenire, ma un centro di detenzione non è la risposta! Servirebbe invece ragionare delle modalità di trattenimento per coloro che hanno commesso reati con provvedimento di espulsione fino al momento del rimpatrio.

Abbiamo già bocciato il Cie per le ragioni evidenziate ovvero di una struttura inutile e costosa. Le organizzazioni sindacali non approvano infatti la soluzione proposta dal Governo.

Questa riapertura ripropone i vecchi schemi che si sono rivelati non solo un danno per le persone ospitate all’interno, ma per la collettività stessa. Non sono presenti oggi, e non sono nemmeno chiare, quali sono le possibili condizioni per utilizzare tale struttura, come ad esempio quale tipo di attività verrà svolta e con quali criteri, quanti saranno ospitati all’interno della struttura, quali possibilità avrà il territorio e la sua rappresentanza (gli enti locali e le associazioni) di verificare il rispetto della dignità delle persone presenti ed un trattamento adeguato, quali saranno le condizioni di gestione della stessa, quali le caratteristiche della struttura che ad oggi è tecnicamente inadeguata ed infine, non per ultimo, con quale organico eventualmente si affronterebbe questa riapertura, considerato che da una previsione dei Sindacati di Polizia occorrerebbero rilevantissimi adeguamenti per garantire un regolare svolgimento del presidio di questa struttura.

Stante questa situazione non ci sono quindi a nostro avviso le condizioni per una sua riapertura, poiché questi centri, come già è stato evidenziato in passato, richiedono un numero di agenti estremamente elevato e ciò rischia di drenare tutte le risorse della sicurezza a disposizione del territorio. Una struttura di questi tipo è già stata sperimentata nel nostro territorio e si è rivelata una scelta sbagliata e fallimentare.
Purtroppo si continua a ricadere sulla logica emergenziale, mentre siamo convinti che l’unica strada possibile sia quella di attivare una risposta e un coinvolgimento europeo attraverso politiche sociali diverse da quelle attuali, imparare a progettare l’accoglienza e non gestire solo l’emergenza.

Soprattutto il territorio e la Comunità locale deve essere ascoltata ed informata per poter esprimere la sua posizione su quanto si intende fare in questi centri.

Pertanto chiediamo che si prosegua il lavoro di impegno condiviso e comune tra istituzioni del territorio, associazionismo, volontariato, cooperazione sociale seria e affidabile, che ha rappresentato i punti cardine delle azioni efficaci realizzate in questi anni nella nostra regione a tutti i livelli.
Servono percorsi di inclusione e interventi innovativi e responsabili in grado di dare risposte concrete al tema delle povertà, per il diritto al lavoro dignitoso, per la piena cittadinanza.

La riproposizione di ricette vecchie e fallimentari non risponde alla legittima domanda di sicurezza della popolazione, rischia di fomentare odio e intolleranza sociale, e dimostra l’incapacità di riuscire a trovare soluzioni che sappiano salvaguardare un modello di convivenza che ambisca all’integrazione e alla convivenza pacifica di tutti gli individui.