Home Modena Modena celebra i 70 anni di Medaglia d’oro al valor militare

Modena celebra i 70 anni di Medaglia d’oro al valor militare


# ora in onda #
...............




La Medaglia d’oro al valor militare è da settant’anni per Modena e i modenesi “un motivo di orgoglio, un simbolo dell’identità collettiva ma soprattutto un impegno da onorare ogni giorno e per gli anni a venire”. Lo ha affermato il sindaco Gian Carlo Muzzarelli nel corso del Consiglio comunale straordinario di venerdì 8 dicembre dedicato alla celebrazione dell’anniversario del conferimento dell’onorificenza avvenuto proprio l’8 dicembre del 1947. Quel giorno il presidente della Repubblica Enrico De Nicola appuntò la Medaglia d’oro al valor militare al gonfalone della città di Modena nel corso di una cerimonia davanti al Palazzo ducale, dove in quello stesso giorno rientrava l’Accademia militare. Con il sindaco Alfeo Corassori, vi presero parte anche Luigi Luongo, membro della Costituente, e Marcello Sighinolfi “Mirko” della Brigata partigiana Walter Tabacchi.
Al Consiglio straordinario, presieduto dalla presidente Francesca Maletti, sono intervenuti il prefetto di Modena Patrizia Paba e il presidente della Regione Stefano Bonaccini. Hanno partecipato i rappresentanti dell’Anpi, con la presidente Aude Pacchioni, e delle associazioni combattentistiche oltre a numerose autorità, tra le quali anche il senatore Stefano Vaccari, il comandante dell’Accademia militare Stefano Mannino, il procuratore capo Lucia Musti, il questore Filippo Santarelli. Presenti anche i consiglieri regionale Giuseppe Boschini ed Enrico Campedelli.
La Medaglia, ha sottolineato il sindaco, “fu innanzitutto un riconoscimento al coraggio, al sacrificio e al valore dei partigiani combattenti e un omaggio alle donne e agli uomini della nostra città che a prezzo o a rischio della propria vita l’avevano fatta nascere libera e democratica. Oggi in Italia e in Europa – ha proseguito – riemergono simboli, parole d’ordine, organizzazioni che speravamo di avere consegnato alla storia, con il loro seguito di atti violenti, di odio razziale e sessuale, di disprezzo dei deboli, di spregio della democrazia. Non sono episodi di nostalgia o fenomeni figli dell’ignoranza. Sono progetti politici che tentano di sfruttare il disagio sociale e gli errori delle politiche democratiche per far naufragare ogni prospettiva di unità Europea, per colpire al cuore la democrazia stessa e rilanciare regimi autoritari, per riaccreditare la guerra come soluzione dei conflitti. Di fronte a questi inquietanti fenomeni – ha concluso Muzzarelli – la politica e le istituzioni democratiche hanno il dovere di interrogarsi e di reagire con tutti gli strumenti legali per fermare il pericolo, prima che sia tardi”. Riprendendo le parole che pronunciò il sindaco Corassori, Muzzarelli ha ribadito l’impegno per la difesa della libertà e il consolidamento della Repubblica e delle libere istituzioni: “Nonostante le nubi, questo 8 dicembre è per noi ancora un giorno di speranza, grazie agli uomini e alle donne che guardano avanti con fiducia, investono su sé stessi senza dimenticare gli altri, credono nella democrazia”.
Introducendo la seduta del Consiglio, la presidente Maletti ha sottolineato che il movimento di Resistenza “era animato da forze eterogenee, diverse tra loro per orientamento politico e impostazione ideologica ma unite dal comune obiettivo della lotta contro il nazifascismo. Accanto a loro i militari, che avevano esperienza diretta della rovinosa guerra del regime, e giovani che rifiutarono l’arruolamento e scelsero la via dell’occupazione e della lotta”. Il ruolo di Modena e di tutta la provincia furono fondamentali nella lotta di liberazione. La presidente Maletti, alla presenza di alcuni dei loro familiari, ha poi ricordato i sette modenesi che nella guerra di liberazione persero la loro vita e l’8 dicembre 1947 ricevettero la medaglia d’oro al valor militare: Mario Allegretti, Gabriella Degli Esposti, Selvino Folloni, Alcide Garagnani, Demos Malvasi, Emilio Po, Walter Tabacchi. “È anche per onorare la loro memoria – ha affermato Maletti – che dobbiamo riaffermare a voce alta che in questa Repubblica democratica non c’è spazio per i rigurgiti fascisti né per qualsiasi forma di razzismo. A noi il compito di continuare a tramandare il loro esempio e gli insegnamenti che hanno reso possibile la costruzione di una comunità che sa accogliere senza enfasi o ridondanza ma con affetto e fiducia i suoi nuovi componenti”.
L’importanza della memoria l’ha sottolineata anche il prefetto Patrizia Paba prima di riportare il saluto del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha ricordato l’altissimo valore civile della ricorrenza, e leggere alcuno brani dei messaggi del presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e della ministra della Difesa Roberta Pinotti. Gentiloni ha ricordato l’apporto dei cittadini modenesi alla Resistenza e ha sottolineato l’importanza di “proseguire nel percorso di memoria condivisa dei nostri valori più profondi. Quei valori su cui, ancora oggi, è fondata saldamente la nostra Repubblica”, mentre per Pinotti “se oggi possiamo assaporare a pieno i frutti della democrazia e della libertà, lo dobbiamo a chi allora lottò e non esitò a sacrificare la vita. Ma come alcuni episodi degli ultimi mesi dimostrano, nulla è per sempre”. Da qui l’importanza di tenere vivi i “valori di solidarietà, unità, sacrificio, amore per la Patria, propri non solo del passato ma anche del presente, nella vita quotidiana, e del futuro, nelle nuove generazioni”.

BONACCINI: “IL DOVERE DELLA MEMORIA”

L’8 dicembre 1947 la Medaglia d’oro al valore militare concessa al gonfalone della città di Modena, suggellava un patto tra il nuovo Stato e i suoi nuovi cittadini e dichiarava le donne e gli uomini che avevano dato vita alla Resistenza “padri fondatori della Costituzione e della Repubblica italiana”. Così il presidente della Regione Stefano Bonaccini al termine degli interventi che si sono succeduti nel corso del Consiglio comunale straordinario per celebrare i 70 dall’assegnazione della Medaglia d’oro alla città di Modena.

“Quelle donne e quegli uomini – ha detto Bonaccini – avevano maturato una scelta di campo dopo l’8 settembre al di fuori di quelle aule scolastiche e di quelle istituzioni che sono oggi il primo, principale, baluardo al cospetto delle nuove e subdole forme di fascismo; giovani donne e uomini che nella clandestinità, nelle poche parole bisbigliate negli spazi segreti sottratti al regime di occupazione tedesca e di collaborazione della Repubblica sociale italiana, avevano concepito l’idea di un futuro diverso e rafforzato l’ambizione di costruirlo. Un antifascismo – ha proseguito il presidente – popolare prima ancora che intellettuale, sopravvissuto alla dittatura fascista, alla privazione delle libertà, alla persecuzione dei diritti e delle vite nella certezza che un mondo altro e diverso fosse possibile. Questi giovani avevano scelto di dedicare la loro vita alla realizzazione di un nuovo progetto di società e avevano accettato la responsabilità di farsi costruttori di quel sogno e di quel progetto. È con loro che la Medaglia d’oro suggellava un patto dichiarandoli, prima di chiunque altro, Padri fondatori della Costituzione e della Repubblica italiana”.

Dopo aver ricordato le condizioni di Modena nell’immediato dopoguerra (“una delle dieci province italiane con il più alto tasso di disoccupazione, giusto per sottolineare il percorso fatto fino a oggi”), il presidente della Regione ha sottolineato il dovere della memoria (“chi dimentica il passato rischia di riviverne le pagine peggiori”) rispetto a ciò che accade in Italia e in Europa con richiami espliciti da parte di gruppi politici ai valori e alle simbologie fasciste e naziste. “Si può criticare l’Europa per tanti motivi – ha aggiunto – ma non dobbiamo dimenticare che se la nostra generazione non ha conosciuto la guerra lo dobbiamo a chi ha lavorato per costituire ciò che è diventata l’Unione europea: allarghiamone i confini, non dividiamola”.

Bonaccini ha ricordato anche la legge regionale sulla Memoria del ‘900 e il dovere “di tutelare e dare valore alle istituzioni democratiche” di fronte al rischio dei nuovi fascismi e ha concluso richiamando il “rispetto per tutti i caduti, ma senza mettere sullo stesso piano chi combatteva per difendere un regime e chi ha lottato per libertà, la pace e la democrazia”.

Per il Pd, Andrea Bortolamasi ha sottolineato che giornate come questa “sono il patrimonio più importante con cui affrontare le sfide di un mondo sempre più complesso. Soprattutto in questi giorni nei quali la nostra città è stata scelta come teatro per una manifestazione di stampo neo-fascista e xenofoba. L’ennesima provocazione a cui noi ribadiamo con forza, dall’aula della massima istituzione democratica della città, che Modena, democratica e antifascista, rifiuta qualsiasi forma di intolleranza, violenza fisica e verbale. Le democrazie si fondano su una gerarchia di memorie, cioè sulle scelte e sui valori che vengono dalla nostra storia, e la nostra scelta è continuare a perseguire il bene comune, nel solco della democrazia, resa possibile 70 anni fa dalle scelte di chi ha permesso alla nostra città di ribellarsi dal giogo nazi-fascista”.

Per Andrea Galli, FI, “le libertà sancite dalla Costituzione devono essere conquistate giorno per giorno, non date per acquisite; questa libertà di manifestare il proprio pensiero deve essere confermata anche dal confronto con le idee degli altri, anche se sono idee da cui dissentiamo e credo che il diritto di manifestare sia pari al nostro diritto di non condividere e non partecipare a quella manifestazione”. Facendo riferimento all’iniziativa prevista per il 15 dicembre Galli ha affermato: “Io non parteciperò, ma hanno diritto a svolgerla rispondendo di eventuali violazioni. Cortei e iniziative culturali non possono esser negati a priori perché il restringimento della libertà di tutti inizia proprio dal restringimento della libertà di alcuni. E se li limitiamo, andiamo contro la nostra stessa Costituzione”.

Francesco Rocco, ArtUno-Mdp-Per me Modena, ha evidenziato che “le ragioni che portarono allora donne e uomini a sacrificare sé stessi in nome di ideali superiori trovano ogni anno ragioni per rinnovarsi e confermarsi attraverso la nostra azione politica e la nostra capacità di occuparci della città e dei problemi della gente. Anche dopo settant’anni dobbiamo avere la forza di schierarci senza esitare dalla parte delle vittime e questo oggi vuol dire combattere la povertà in tutte le forme: dire no al welfare che viene smantellato, alla sanità privata, all’istruzione per pochi, alla finanza che sbrana l’economia reale, al lavoro che non è più un diritto difendibile e non assicura a chi lo svolge la degna sussistenza né la possibilità di progettare il proprio futuro. La Resistenza di oggi è schierarsi a difendere i valori della nostra Costituzione, renderli fattuali, concreti e fruibili per tutti”.

Partendo dalla vicenda dell’esecuzione dei venti ostaggi prelevati dal carcere di Sant’Eufemia e fucilati dai tedeschi in piazza Grande, nel luglio 1944, Mario Bussetti per il M5s, ha affermato che “la storia ci deve insegnare che la politica si fa solo con il contatto e l’ascolto della vita quotidiana delle persone. In caso contrario, anche il 70 rischia di rimanere solo un numero”. Per portare avanti i valori che contraddistinguono Modena “serve a poco ragionare di sinistra, destra, rossi o neri. Oggi celebriamo l’unico colore che dovrebbe identificare questa città: l’oro della medaglia che porta appuntata al petto, orgogliosa per tutti quei gesti di libertà dei suoi cittadini. Per costruire un futuro all’altezza delle migliori qualità dei modenesi dobbiamo impegnarci a fondo per tutelare l’iniziativa, lo spirito critico e lo sguardo lungo dei nostri concittadini, e per rendere l’inclusione basata sul bene comune una scommessa vinta da questa città”.

Antonio Montanini di CambiaModena ha affermato che spesso, quando si parla dei valori della Resistenza, “ci si trova in contrapposizione, come se la ferita non fosse ancora ricucita. Ma il nostro Stato è nato da una Costituzione promossa dal Cln che rappresentava tutta la società civile e politica che si riconosceva nell’antifascismo: i valori della Resistenza quindi non sono proprietà di qualcuno ma di tutti. E più che mai il richiamo a questi valori è un argine al ritorno, oggi attuale come dimostra la vitalità ritrovata dei movimenti neofascisti, dei miti delle dittature. La medaglia d’oro è dunque l’atto costitutivo della nostra comunità: non solo un ricordo da celebrare ma un simbolo che ci assegna la responsabilità di portare avanti i valori fondamentali della libertà e della democrazia soprattutto perché dietro la medaglia c’è il sacrificio dei nostri partigiani e giovani, determinati a dire no alla tirannia e sì alla libertà”.