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Neoplasie, a Reggio Emilia il primato di sopravvivenza


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A Reggio Emilia si sopravvive di più ai tumori grazie agli accertamenti preventivi, è quanto si evince dal censimento “I numeri del cancro in Italia 2017”, frutto della collaborazione tra oncologi ed epidemiologi e presentato al ministero dal direttore dell’Oncologia del Santa Maria Nuova e presidente dell’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) Carmine Pinto ((to) e dall’epidemiologa dell’Azienda Usl di Reggio Emilia nonché presidente nazionale Associazione italiana registro tumori (Airtum) Lucia Mangone (foto).

Dai numeri emerge che la Regione Emilia Romagna é quella con maggiore sopravvivenza ai tumori a cinque anni dalla diagnosi con l’indice percentuale del 62,4% seguita da Toscana (62,2) e Veneto (61,5). Ma il risultato è ancora migliore a Reggio Emilia per i tumori che colpiscono seno, colon retto e cervice uterina.

Nella nostra provincia per il cancro al seno la sopravvivenza è all’89% contro un dato regionale di 88,9 e un dato nazionale di 87,1%. Sul colon retto Reggio è al 72,7%, la Regione al 68,6 e l’Italia al 64,6. Sul tumore alla cervice Reggio si assesta al 72,8%, la regione al 72,1 e l’Italia al 68,2%. In maniera corrispondente sappiamo che a Reggio Emilia persiste una elevata adesione agli screening relativi ai tre tumori in oggetto molto più alta di quella registrata a livello nazionale e regionale. In particolare le percentuali di partecipazione registrate a Reggio rispettivamente per mammella, colon-retto e cervice sono state pari a 77,7%, 61,8% e 69,2%, più elevate rispetto a quelle registrate in regione : 76%, 50,3% e 59%. A dimostrazione che laddove si verifica un’adesione massiccia agli screening preventivi aumenta progressivamente la possibilità di vivere dopo una diagnosi infausta.

Dal censimento 2017 emerge che in sette anni grazie alla prevenzione sono aumentate del 24% (3 milioni e 300mila in più) le persone che sono vive dopo la scoperta della malattia. Ma l’Italia è un Paese a due velocità: nelle regioni del Nord ci si ammala di più a causa di vari fattori tra cui l’abitudine al fumo, l’alimentazione e l’inquinamento ambientale, al Sud invece a causa della minore copertura dei programmi di screening per la diagnosi precoce si sopravvive di meno.

Nella provincia di Reggio Emilia ogni anno si registrano circa 4mila nuove diagnosi di tumore, di cui 900 sono a carico della cute (non melanomi). Negli uomini i tumori più frequenti sono a carico del polmone (15%) e della prostata (15%) mentre nelle donne il tumore della mammella da solo rappresenta il 30% di tutte le neoplasie femminili. Il trend di incidenza è in forte calo negli uomini e stabile nelle donne mentre la mortalità cala in entrambi i sessi, in linea con quanto accade nel resto della regione Emilia Romagna.

“Ormai – spiega il dottor Pinto – è scientificamente provato che il cancro è la patologia cronica che risente più fortemente delle misure di prevenzione. Migliaia di studi condotti in 50 anni hanno dimostrato con certezza il nesso di causalità fra fattori di rischio quali gli stili di vita sbagliati (fumo di sigaretta, sedentarietà e dieta scorretta), agenti infettivi, a cui può essere ricondotto l’8,5% del totale dei casi (31mila 365 nel 2017), esposizioni ambientali e il cancro. Oggi abbiamo a disposizione armi efficaci per combatterlo, come l’immunoterapia e le terapie target che si aggiungono a chemioterapia, chirurgia e radioterapia. Tutto questo, unito alle campagne di prevenzione si traduce nel costante incremento dei cittadini vivi dopo la diagnosi”.

I Registri tumori (RT) delle Province di Piacenza, Parma, Reggio Emilia e Modena hanno iniziato un lavoro collaborativo che confluirà in una monografia in pubblicazione nelle prossime settimane e che anticipa il percorso di costruzione di un RT di Area Vasta che abbraccia le 4 province emiliane. “Questo – spiega la dottoressa Mangone, grazie alla quale nacque il RT di Reggio nel 2000, – permetterà di avere elementi più robusti su un’area di oltre 2 milioni di abitanti, consentendo di rendere i dati sempre più omogeni e confrontabili e facendo sì che anche i clinici possano disporre di indicatori utili per monitorare in modo costante la loro attività”.